Posidonia Oceanica
Introduzione
Le praterie di Posidonia oceanica costituiscono un habitat di notevole valore per la struttura ed il funzionamento dell’ecosistema marino costiero del Mar Mediterraneo (Bellan-Santini et al. 1994; Costanza et al. 1997; Duarte, 2002). L’importanza di questa fanerogama non risiede esclusivamente nella capacità di produrre grandi quantità di biomasse bensì concerne molteplici servizi ecosistemici forniti all’uomo. Proprio grazie al suo importante ruolo nel mantenimento dell’equilibrio ecologico in ambiente marino, le praterie di P. oceanica sono incluse nella Direttiva “Habitat” (92/43/CEE) in cui sono considerate habitat prioritari. Inoltre, è una fanerogama marina utilizzata come indicatore biologico della qualità delle acque, ai sensi della Direttiva Quadro delle Acque (2000/60/CE).
Il Programma INTERREG V – A Italia Malta pone tra i suoi principali obiettivi la tutela della biodiversità marina e terrestre e della sicurezza del territorio e del mare, nonché azioni per la mitigazione del cambiamento climatico in atto. Per questo, concentra parte delle sue risorse su azioni per la prevenzione del dissesto idrogeologico, dell’erosione costiera e delle aree della rete Natura 2000. Proprio per questo motivo vengono previste anche attività sulle praterie di P. oceanica, tra cui, ad esempio, lo studio della distribuzione attuale della specie all’interno dei Siti di Importanza Comunitaria in ambiente marino.
Nello specifico, l’obiettivo del Progetto REMACO – Cod. C3-3.2-8 –, si poneva fra gli obbiettivi la creazione di una mappa della distribuzione della fanerogama nel tratto costiero nord-orientale della Sicilia, compreso tra Capo Milazzo e Tindari, nella provincia di Messina.
I fattori che regolano la presenza e la distribuzione delle praterie di P. oceanica giocano un ruolo di grande importanza la luce, la trasparenza delle acque, la temperatura, la salinità, l’idrodinamismo e la natura del fondale. Studiare e definire la distribuzione e le caratteristiche fisiografiche di una prateria ci consente di comprendere indirettamente quale sia la qualità delle acque, come anche seguire i cambiamenti che la prateria subisce, in risposta alle variazioni dei fattori biotici e abiotici indotte dalle attività umane. Una mappa accurata della sua distribuzione rappresenta, quindi, una valida base di partenza per osservare come la prateria si evolve, in modo da poter, se necessario, agire in tempo per contrastare una eventuale regressione.
Lungo le coste siciliane, P. oceanica è la fanerogama più rappresentativa, ricoprendo circa il 18,5% dei fondali nella fascia di mare compresa fra la linea di costa e i 50 metri di profondità (Calvo et al., 2010). Essa è capace di crescere sia su matte che su sabbia, ciottoli o roccia. La sua distribuzione, però, appare maggiormente continua lungo le coste occidentali e sud-orientali, per poi mostrare, invece, ad una distribuzione abbastanza disomogenea lungo le coste del Tirreno e dello Ionio settentrionale, questo soprattutto a causa della geomorfologia del territorio (Calvo et al., 2010). Nel Golfo di Milazzo le informazioni bibliografia disponibili evidenziano delle lacune conoscitive dovute ai pochi studi che trattano i posidonieti nella zona, anche perché la loro distribuzione risulta particolarmente frammentata oscillante fra “a radure e continua” (Manuali e Linee Guida 55/2010 ISPRA).
A partire dalla zona di Capo Milazzo, patches di P. oceanica sono presenti all’interno di Cala S. Antonino, a circa 20 metri di profondità (Giacobbe et al., 2018). Viene segnalata, inoltre, la presenza di P. oceanica nel tratto costiero che va dalla Piscina di Venere (AMP Capo Milazzo), fino alla Baia del Tono, seppur evidenziando una distribuzione abbastanza irregolare. Nel Golfo di Milazzo è presente anche una altra fanerogama, Cymodocea nodosa (Sogesid S.p.a., 2008) nella porzione centrale o nella Baia di Oliveri. Qui, i fondali vengono descritti come prevalentemente ciottolosi, sabbiosi o sabbioso-fangosi, e la copertura vegetale più significativa è rappresentata da “una rada pelouse a Cymodocea nodosa” (Sogesid S.p.a., 2008). Inoltre, dalla bibliografia consultata sull’argomento, si evince che a Capo Milazzo, in particolare, è presente una prateria di P. oceanica alla profondità media di 15 metri. Questa prateria viene definita continua, con un ricoprimento pari al 97,5% ed un 2,5% di matte morta, e si instaura su un substrato sabbioso (Bellissimo et al., 2019), mentre nel resto del Golfo risulta virtualmente assente.
La distribuzione di P. oceanica all’interno del tratto costiero in esame è stata investigata pertanto lungo il promontorio di Capo Milazzo attraverso un processo di fotointerpretazione semiautomatico di immagini satellitari, da aereo e da drone. Sono state effettuate numerose valutazioni e prove, il cui obiettivo era quello di ottenere immagini qualitativamente adeguate al processo fotointerpretativo, cioè che potessero permettere di ricavare dati il più attendibili possibile.
Metodi
La mappatura della prateria di Posidonia è stata effettuata utilizzando sorgenti multiple di immagini. Preliminarmente è stato condotto un lavoro di selezioni di immagini presenti sulla piattaforma di Google Earth Pro, al fine di poter individuare quelle più nitide in termini di trasparenza e poter consentire nel contempo un raffronto multitemporale. In particolare ogni porzione del tratto costiero oggetto di studio è stata visionata in chiave diacronica, utilizzando cioè serie storiche di immagini disponibili in anni differenti. Questo modalità ha avuto l’intento di migliorare l’affidabilità delle mappe da realizzare attraverso la discriminazione di macro tematismi stabili rispetto a quelli altamente instabili in termini di presenza e posizione. Questi ultimi, in particolare, solitamente possono essere costituiti da detrito fanerogamico che si accumula sul fondale marino generando potenziali errori di fotointerpretazione. Infatti, un grande volume di biomassa fogliare prossima alla senescenza stagionalmente si stacca dalle piante vive a causa delle tempeste autunnali e invernali, formando accumuli sui fondali o sulla costa che variano da effimeri a sparsi, talvolta generando strutture molto più compatte, alte fino a diversi metri (Gómez-Pujol et al., 2013; Boudouresque et al, 2016). A causa di una combinazione di fattori idrodinamici e geomorfologici, le spiagge riparate sono particolarmente colpite dall’accumulo di foglie di fanerogame che si verifica principalmente dall’autunno alla primavera e che è caratterizzato da dinamiche spaziali e temporali molto accentuate (Mateo, 2010; Simeone e De Falco, 2012; Simeone et al., 2013).
Successivamente, utilizzando il software QGIS, sono state effettuate delle prove di digitalizzazione su un’ortofoto della Regione Siciliana risalente al 2019. Per facilitare il processo fotointerpretativo le immagini sono state precedentemente modificate aumentandone il contrasto. Il processo di mappatura è stato, inoltre, portato avanti utilizzando anche le immagini ottenute tramite il volo di un drone specificatamente programmato all’altezza di 60 metri sul livello del mare (Tomasello et al., 2020; Tomasello et al., 2022). In questo caso le immagini sono state classificate automaticamente tramite l’utilizzo del software ENVI, utilizzando il metodo della classificazione supervisionata: questo metodo coinvolge l’utente nell’identificare manualmente regioni di interesse (ROI) all’interno dell’immagine che rappresenta diversi tipi di oggetti (come edifici, strade, vegetazione, acqua, ecc.). Il software ENVI quindi utilizza queste informazioni per addestrare un classificatore automatico che può riconoscere simili tipi di oggetti in altre parti dell’immagine, nel caso specifico mettendo in evidenza le zone in cui P. oceanica era presente. L’utilizzo di entrambe le fonti di dati, ovvero quelli prodotti in seguito alla classificazione automatica e quelli ottenuti dalla digitalizzazione manuale, ha permesso di mappare la distribuzione della fanerogama all’interno dell’area d’interesse.
La stessa metodologia è stata impiegata per il riconoscimento automatico della Posidonia Oceanica presente in prossimità della linea di riva nell’area di studio tra Ramla Bay e San Blas Bay, nell’isola di Gozo (Malta).
Figura 1 – Distribuzione complessiva della distribuzione della P. Oceanica sul lato occidentale della penisola di Capo Milazzo.
Figura 2 – Dettaglio della distribuzione della P. Oceanica a Capo Milazzo.
Figura 3 – Distribuzione della P. Oceanica nell’area di Gozo.
Risultati e discussione
La prateria di P. oceanica si presenta con una distribuzione frammentata, soprattutto in prossimità della riva, causata da numerose soluzioni di continuità. In particolare, alcune macchie isolate di P. oceanica si rinvengono a pochi metri dalla linea di costa nei pressi del promontorio di Capo Milazzo in zone di accumulo di blocchi rocciosi di crollo di varie dimensioni. Procedendo verso il largo, si osserva un progressivo diradamento delle zone di discontinuità, che rendono più compatta la prateria. Nella zona centrale dell’area di studio è invece presente un vasto tratto di fondale sabbioso dove la prateria risulta assente. Il confine esterno della prateria è stato posto nella zona in cui non è stato più possibile discriminare i tematismi presenti sul fondale, nonostante i tentativi di per contrastare le immagini. Complessivamente la prateria di Posidonia occupa una superficie di circa 90 ettari. Un raffronto con la distribuzione presente nelle vecchie mappe disponibili ha evidenziato una generale concordanza sulla distribuzione, ad eccezione della zona più superficiale prossima alla base della falesia di Capo Milazzo, ove è stata riscontrata una frammentazione a piccola scala marcatamente visibile nelle nuove immagini ottenute da drone. Ciò è verosimilmente dovuto alla risoluzione geometrica notevolmente superiore delle nuove immagini acquisite se confrontata a quella che caratterizzava le mappature pregresse, piuttosto che ad una possibile dinamica della prateria.
Dal punto di vista ecologico, la discontinuità osservata in questa nuova mappatura è da attribuire alle condizioni idrodinamiche della zona in cui dominano i venti dominanti del 4° quadrante, che combinate ai bassi fondali costituiscono il limite di tolleranza idrodinamica superficiale della specie. E’ noto infatti che in corrispondenza di questo limite la prateria possa frammentarsi a causa di disturbi ad elevata frequenza ed intensità che producono mosaici così articolati (Hemminga e Duarte, 2000). Sebbene P. oceanica sia dotata di particolari adattamenti morfologico – funzionali del sistema radicale capaci di garantire l’ancoraggio anche in presenza di alte energie indotte dall’idrodinamismo superficiale, affinché questo possa avvenire, occorre la contestuale disponibilità di substrato stabile consolidato con sufficiente rugosità. In condizioni naturali il limite della distribuzione verso la superficie di P. oceanica (limite superiore) può essere previsto sulla base di parametri fisici connessi al regime d’onda e morfologia del fondale, che, in uno studio su larga scala condotto lungo le coste del Mediterraneo, è stato stimato a profondità superiori a 3,2 m (Montefalcone et al. 2019). Solo in presenza di substrati rocciosi, il limite superiore può essere considerevolmente meno profondo a causa della capacità dei rizomi di ancorarsi tenacemente, permettendo così alla pianta di sopportare le forze idrodinamiche alle quali sono sottoposte (Montefalcone et al. 2016). In questo studio Posidonia appare colonizzare gli affioramenti rocciosi o i blocchi di frana di varie dimensioni chiaramente visibili nelle immagini da drone, confermando che la distribuzione, l’insediamento e lo sviluppo delle praterie di P. oceanica spesso coincidono con la presenza di substrati duri (Calvo et al., 1995; Badalamenti et al., 2015; Tomasello et al., 2020). La peculiarità di P. oceanica di essere dotata di peli radicali adesivi sia in giovani plantule che in piante adulte, migliorano, infatti, considerevolmente la tenuta del sistema radicale delle piante (Badalamenti et al. 2015, Balestri et al. 2015, Tomasello et al. 2018, Zenone et al. 2020). Un altro aspetto che si evince da questo studio è la presenza di numerose macchie di Posidonia di piccole dimensioni vicine alla costa di forma molto irregolare (Figura 1). Sebbene i modelli spazialmente espliciti non siano ancora stati sviluppati in modo tale da spiegare modelli distributivi così complessi (Duarte et al. 2006), in uno studio diacronico, Bonacorsi et al. (2013) hanno osservato che particolari macchie a forme di atollo si originano e si sviluppano a partire da un’unica zona di forma circolare, più o meno regolarmente modellata nel tempo. Tuttavia, questo modello non giustifica la complessità delle macchie identificate nel presente studio, dove, in effetti, queste appaiono anche in forma allungata o con archi multipli di diversa ampiezza che ne delimitano i contorni. Secondo Bonacorsi et al. (2013), una tale complessità morfologica può essere spiegata solo ipotizzando una velocità molto variabile di crescita orizzontale dei rizomi situati alla periferia delle macchie. In alternativa, si può formulare una nuova ipotesi sulla genesi delle macchie, considerando tali strutture come il risultato dell’unione di diverse chiazze che sono venute a contatto durante l’espansione clonale (Tomasello et al., 2020). Riscontri simili sono stati recentemente ottenuti in esperimenti di trapianti di Posidonia molto longevi in cui le macchie di prateria equivalenti per dimensioni e forma erano state posizionate separate le une dalle altre, ma dopo 12 anni risultavano in parte unite a formare strutture più grandi e dalla forma irregolare (Calvo et al., 2021). Studi precedenti condotti lungo le praterie naturali delle coste siciliane sembrano supportare l’ipotesi che le macchie osservate a Capo Milazzo possano avere anch’esse origine multi-patch (Tomasello et al., 2020).
Anche a Gozo la prateria di P. oceanica si presenta con una distribuzione frammentata, soprattutto in prossimità della riva. In prossimità dei promontori la prateria si ricompatta mentre al centro delle Pocket Beach viene intervallata da estese lenti sabbiose in forma di canali ortogonali alla costa. Questi canali sono il risultato delle correnti d’uscita delle acque di tempesta che uscendo verso il largo sul fondo delle baie erodono i margini laterali delle praterie, impedendo la colonizzazione del substrato. Complessivamente la prateria occupa circa 22,5 ettari nell’area di Milazzo e 128 ettari nell’area di Milazzo.
Il nostro studio ha dimostrato che è possibile analizzare la distribuzione di Posidonia utilizzando immagini ad altissima risoluzione acquisite da droni. Il modello di distribuzione ottenuto, integrando una grande quantità di dati fotografici estremamente accurati, ha permesso di realizzare una ricostruzione 2D di grande realismo. I risultati ottenuti hanno permesso di riprodurre graficamente un mosaico spazialmente eterogeneo con una precisione impensabile fino a pochi anni fa. I dispositivi istallati sui droni vengono continuamente implementati in termini di miniaturizzazione e di alleggerimento, incremento della risoluzione dei sensori e della potenza dei software sempre più affinati per processare immagini ricchissime di informazioni. Sicuramente l’avvento di queste tecnologie rappresenta una nuova era nello studio e nel monitoraggio di questo importante habitat, dal momento che molti dei limiti dei metodi classici applicati alla mappatura dei fondali marini superficiali, come l’errato posizionamento, la bassa risoluzione e la conseguente interpretazione fuorviante dei dati (Bell et al. 2006), in condizioni di buona trasparenza possono, considerarsi superati.